Astana Qazaqstan, Vincenzo Nibali si lascia andare ai ricordi e conferma la nascita di un nuovo team: “Non sarò direttore sportivo, ma un ambassador”

Tra due settimane la carriera di Vincenzo Nibali sarà conclusa ed è già arrivato il momento dei bilanci e dei progetti futuri. Nato a Messina il 14 novembre 1984, il portacolori della Astana Qazaqstan è uno dei sette uomini ad aver conquistato almeno una volta tutti e tre i Grandi Giri. A queste vittorie già di per sé sensazionali, il siciliano ha poi saputo aggiungere, a differenza dei contemporanei Chris Froome e Alberto Contador, anche le vittorie nelle Classiche Monumento come i grandi del passato: due Lombardia e una Milano – Sanremo. Intervenuto a Trento al Festival dello Sport organizzato da La Gazzetta dello Sport, lo Squalo ha ripercorso la sua carriera prima di confermare la nascita di una nuova squadra che lo vedrà coinvolto giù dalla bici.

“A volte, mentre guardo la tv, lancio uno sguardo ai due trofei del Giro d’Italia che ho lì, esposti in bella vista – ha dichiarato la Maglia Rosa 2013 e 2016 – Il Giro mi era entrato sotto la pelle da bambino, con Gianni Bugno, con Claudio Chiappucci e poi con Marco Pantani. Mio poi padre era super tifoso di Francesco Moser, e io da piccolo guardavo le sue cassette”.

L’apice della sua carriera è arrivato, però, nel 2014, con la vittoria al Tour de France, dominato fin dal secondo giorno, con quattro vittorie di tappe e la Maglia Gialla indossata per 19 giorni: “So come è stato difficile. So che non è come dicono certi, cioè che ho vinto perché Chris Froome e Alberto Contador sono caduti sul pavé“.

L’emozione più grande, invece, è arrivata forse in via Roma a Sanremo, dopo un incredibile attacco sul Poggio: “Ero nella Bahrain, e dall’auto Astana mi presero un po’ in giro. ‘Ci vediamo all’arrivo’, ho ribattuto. Mi sentivo bene, aspettavo l’azione di qualcuno per unirmi da passivo. Poi ci ho provato. E il boato di Sanremo fu una consacrazione. Con anche le telefonate di complimenti di Eddy Merckx e di Felice Gimondi subito dopo l’arrivo”.

Una carriera piena di successi, ma dove non sono mancate le cadute, a partire da quella sull’Alpe d’Huez al Tour 2018: “Sembrava una caduta banale, ma mi ha dato non poche difficoltà. Sono arrivato in ritardo nella preparazione. Quello che mi ha tirato giù era uno dei più sobri”.

Il rimpianto più grosso, però, è legato alla caduta sulle strade olimpiche di Rio 2016: “Nel giro precedente c’erano già state cadute in quel punto, c’erano foglie a terra. Ed è svanita la medaglia olimpica. Purtroppo in Nazionale non sono riuscito a fare risultati, non ho preso medaglie. Ed è l’unico rimpianto che mi rimane“.

Infine il vincitore di due Lombardia ha dato maggiori dettagli sul progetto che nascerà a partire dalla prossima stagione: “Il prossimo anno ci sarà un nuovo team, un progetto di cui farò parte. Siamo in fase di progettazione, lo sponsor sarà Q36.5. Io non farò il direttore sportivo, questo no: è un ruolo che non sento mio. Mi vedo con un’impronta diversa: da ambassador, ma vicino al general manager”.

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